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Massimo Reichlin Dibattito sul fine vita

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bioetica

Riprende il dibattito sul fine vita

Suicidio assistito ed eutanasia all’ordine del giorno

Massimo Reichlin

Docente di Filosofia morale, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano 

Alberto Giannini

Direttore dell’Unità operativa di Anestesia e rianimazione pediatrica, Ospedale dei

Bambini, Spedali Civili, Brescia

 

Mario Picozzi

Docente di Medicina legale, Università degli studi dell’Insubria, Varese

 

accanimento terapeutico ● bioetica ● diritti del malato ● etica medica ● eutanasia ● legislazione sanitaria ● malato terminale ● medicina ● obiezione di coscienza ● referendum ● salute ● suicidio

Il giudizio della Corte costituzionale sull’ammissibilità del referendum sull’omicidio del consenziente, quindi sull’eutanasia, e la ripresa della discussione parlamentare sul suicidio assistito rimettono le questioni del fine vita al centro dell’agenda politica e del dibattito pubblico. Non è azzardato prevedere un confronto estremamente acceso e polarizzato, con il conseguente rischio di confusione dell’opinione pubblica. Qual è il profilo delle proposte sul tappeto? Come valutarle da un punto di vista etico, ma all’interno del contesto politico, sociale e culturale in cui ci troviamo? In che direzione orientare l’impegno per il bene concretamente possibile?

L

e questioni bioetiche e giuridiche connesse alla fine della vita umana stanno agitando nuovamente il nostro Paese. Nel mese di febbraio la Corte costituzionale dovrà pronunciarsi sull’ammissibilità del referendum abrogativo di parte dell’art. 579 c.p. sull’omicidio del consenziente, che, in caso di vittoria, introdurrebbe l’eutanasia nel nostro ordinamento. A sostegno della proposta referendaria nel 2021 sono state raccolte, per la prima volta in parte anche online, le firme di oltre 1,2 milioni di cittadini.

Aggiornamenti Sociali febbraio 2022 (96-104)

Sempre nel mese di febbraio è prevista alla Camera la ripresa del dibattito sulla proposta di legge Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita, giunta in aula il 13 dicembre 2021 dopo essere stata approvata dalle Commissioni Giustizia e Affari sociali [1]. Essa intende dare attuazione all’auspicio formulato dalla Corte costituzionale nella Sentenza n. 242/2019: nel dichiarare parzialmente illegittimo l’art. 580 c.p. sull’istigazione o aiuto al suicidio, la Corte aveva chiesto con forza un intervento legislativo sulla materia, sulla base dei principi da essa enunciati.

Per seguire questa complessa discussione politica e legislativa e farsi un’idea non superficiale in merito, è necessario identificare le diverse questioni implicate e avere chiare alcune distinzioni. La prima, per certi versi preliminare, riguarda la Legge 22 dicembre 2017, n. 219, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento [2], spesso evocata nel dibattito, ma non sempre a proposito. È vero che la Corte costituzionale fa riferimento agli artt. 1-2 di quella legge, ma solo allo scopo di delimitare, per analogia e in mancanza di altro riferimento normativo più specifico, l’ambito operativo della Sentenza n. 242/2019 e le procedure per darvi attuazione. Tuttavia, l’intento della L. n. 219/2017 non era modificare le norme penali su eutanasia e suicidio assistito, ma contrastare l’accanimento terapeutico, disciplinando le modalità con cui è possibile rifiutare o sospendere trattamenti sanitari, anche di sostegno delle funzioni vitali, inclusi quelli minimi come la nutrizione e l’idratazione artificiali, quando risultino sproporzionati, non avendo possibilità di ottenere altro risultato che il prolungamento di condizioni penose per il paziente e per i suoi familiari. Inoltre la legge introduce la facoltà, per i maggiorenni capaci di intendere e di volere, di esprimere in un documento, detto “disposizioni anticipate di trattamento” (DAT), le proprie volontà informate sui trattamenti sanitari che ciascuno intende o non intende ricevere e di nominare un fiduciario, in vista di un momento futuro in cui non dovesse essere in grado di esprimere autonomamente la propria volontà. La sentenza della Corte costituzionale

Con la Sentenza n. 242/2019 la Corte costituzionale chiude l’esame dell’eccezione di incostituzionalità sollevata dalla Corte d’Assise di Milano nei confronti dell’art. 580 c.p., a seguito dell’autodenuncia presentata da Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, per aver accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani (noto come Dj Fabo) per ricorrere al suicidio medicalmente assistito, consentito dalla legislazione elvetica. A ottobre 2018 la Corte aveva rinviato la trattazione del caso, emettendo un’Ordinanza, la n. 207/2018, con cui sollecitava un intervento legislativo in materia; trascorso un anno senza aver sortito alcun effetto, ha quindi pronunciato la propria sentenza.

Se i giudici milanesi sostenevano l’incostituzionalità dell’art. 580 c.p. in quanto retaggio di una concezione organicista che subordina i diritti individuali al bene della collettività, la Corte invita invece a rileggerlo alla luce del principio personalistico, enunciato dall’art. 2 Cost., e dell’inviolabilità della libertà personale, affermata nell’art. 13 Cost. In quest’ottica, il divieto di essere aiutati a morire è inteso a proteggere le persone più deboli e vulnerabili da scelte irreparabili, in particolare, dalla conferma e dall’accelerazione che potrebbero derivare alla loro ideazione suicidaria

I contributi apparsi su Aggiornamenti Sociali in materia di fine vita


Gruppo di studio sulla bioetica, «Le

Disposizioni anticipate di trattamento (DAT): una proposta», 8-9 (2020) 561567.

«Dichiarazione congiunta delle religioni monoteiste abramitiche sulle problematiche del fine vita», 12 (2019) 848-853.

Costa G., «Fine vita: un contributo per una legge condivisa», 11 (2019) 709716.

Gruppo di studio sulla bioetica, «Dilemmi etici e progressi tecnologici in medicina», 11 (2018) 746-759. Casalone C., «Abitare responsabilmente il tempo delle DAT», 2 (2018) 112-123.

Gruppo di studio sulla bioetica, «Custodire le relazioni: la posta in gioco delle DAT», 8-9 (2017) 585-587. Turoldo F., «Responsabili della fragilità. La tutela umana nella ricerca scientifica», 2 (2012) 126-135. Gruppo di studio sulla bioetica, «Quando la capacità di decidere viene meno. Questioni etiche di fronte all’Alzheimer», 9-10 (2009) 571-586.

SARNePI – Gruppo di studio per la bioetica, «Scelte di fine vita in rianimazione pediatrica», 6 (2009) 453-463.

AMCI Milano, «Sull’alimentazione e idratazione artificiali», 6 (2009) 450452.

Sorge B., «Fine vita: la riflessione etica continua», 1 (2009) 5-10. Gruppo di studio sulla bioetica, «Il caso Welby: una rilettura a più voci», 5 (2007) 346-357.

Casalone C., «Decisioni di fine vita. Sul contributo del card. Martini», 3 (2007) 222-226.

Martini C.M., «Io, Welby e la morte», 3 (2007) 227-229. Casalone C., «Come decidere sulla fine della vita? Considerazioni etiche sul “testamento biologico”», 12 (2006) 811-822.

Casalone C., «La richiesta di morte tra cultura e medicina. Per un discernimento etico», 11 (2002) 731-742. Casalone C., «La medicina di fronte alla morte. Tra eutanasia e accanimento terapeutico», 7-8 (2002) 547-558.


dalla disponibilità di altre persone a collaborare alla sua realizzazione. I diritti umani, di cui si tratta nell’art. 2 Cost. – continua la Corte – non comprendono il diritto di moriree il diritto alla vita impone allo Stato il dovere di tutelare ciascun individuo, in particolar modo quelli più fragili e vulnerabili.

Secondo la Corte, tutto ciò non toglie che in casi specifici si possa derogare a questa norma generale. In particolare, la Corte ritiene che non sia punibile chi aiuta un altro a porre termine alla sua vita qualora ricorrano quattro condizioni precise: a) la presenza di una malattia irreversibile; b) che sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili; c) la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale; d) il permanere della capacità di prendere decisioni libere e consapevoli. Secondo l’argomentazione dell’Ordinanza n. 207/2018, in presenza di queste condizioni l’aiuto che un medico fornisce a un paziente per porre termine alla propria vita si può configurare come «l’unica via d’uscita per sottrarsi, nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare in base all’art. 32, secondo comma, Cost.».

A questa conclusione si potrebbe obiettare che la L. n. 219/2017 consente, ai pazienti che si trovano in condizioni simili, di lasciarsi morire attraverso la sospensione di tutti i trattamenti e la contemporanea attivazione di una sedazione palliativa profonda, ossia di una somministrazione di farmaci che privi il paziente della coscienza così da alleviare sintomi gravi non altrimenti trattabili, in attesa della morte. La Corte ha considerato questa obiezione, ma l’ha respinta, osservando che tale opzione può comportare un processo di morte più lento, che potrebbe non corrispondere alla concezione della dignità del morire propria del soggetto e risultare più doloroso per le persone che gli sono vicine, come, in effetti, era stato sostenuto da Fabiano Antoniani. Né si può far leva, in questo caso, sull’esigenza di proteggere le persone più fragili e vulnerabili: se si ritiene il soggetto in grado di prendere la decisione di sospendere trattamenti di sostegno vitale, non v’è ragione per non rispettare anche la sua competenza nel richiedere l’aiuto al suicidio. La Corte, perciò, ha concluso che l’art. 580 c.p. dev’essere modificato, perché, nella sua versione attuale, «limita la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie», garantita dagli artt. 2, 13 e 32 Cost.

Con questa sentenza la Corte costituzionale ha introdotto una novità nelle norme penali sul fine vita: pur lasciando intatto il divieto dell’eutanasia, come atto compiuto dal medico per porre fine alla vita del paziente, ha mitigato il divieto di assistenza al suicidio, come atto compiuto dal paziente per uccidersi, grazie all’aiuto prestatogli dal medico, di cui non può fare a meno per raggiungere il proprio scopo. Nei due anni successivi alla sentenza non si sono avute notizie di altri casi, fino alla fine di novembre 2021, quando, a seguito di una controversia prolungata con l’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche, un paziente di 43 anni di Ancona, fittiziamente denominato Mario, tetraplegico da 11 anni, ha ottenuto il parere favorevole dal Comitato etico per procedere al suicidio assistito. Infatti, anche prima del pur auspicato intervento del legislatore, la sentenza già stabilisce in maniera non modificabile che il divieto incondizionato di aiuto al suicidio è incostituzionale e che, ove ricorrano le quattro condizioni menzionate, aiutare il paziente a uccidersi non è reato. La Corte aveva anche stabilito che dovesse essere il «comitato etico competente», quale organismo indipendente, a verificare la sussistenza delle condizioni; per questo è stato interpellato il Comitato etico dell’azienda regionale, che ha dato parere favorevole ma ha espresso dubbi sulle modalità e sulla dose del farmaco suggerito per realizzare la procedura; spetterà al tribunale stabilire chi sia competente a decidere. La proposta di legge sul suicidio assistito

Ponendosi sulla scia della sentenza della Corte costituzionale, di cui riprende precise espressioni, la proposta di legge (PdL) all’esame della Camera intende disciplinare «la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita» (art. 1). In più punti insiste sul carattere volontario, dignitoso e consapevole di tale decisione: la persona che chiede di morire dev’essere maggiorenne, in grado di prendere decisioni libere, adeguatamente informata; inoltre deve essere affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta, oppure portatrice di una condizione clinica irreversibile, che cagionino sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili, e dipendere da trattamenti sanitari di sostegno vitale. A quelli previsti dalla Sentenza n. 242/2019, si aggiunge il requisito che la persona «sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate» (art. 3). La richiesta di morire dev’essere attuale, il che esclude che possa essere formulata attraverso le DAT, e redatta per iscritto con requisiti di forma assai stringenti (atto pubblico o scrittura privata autenticata, cioè con l’intervento del notaio o altro pubblico ufficiale), mentre può essere revocata in ogni momento e con ogni mezzo che consenta di render chiara la volontà del paziente, senza requisiti di forma.

Quanto alle modalità dell’intervento, si prevede che il medico rediga un rapporto dettagliato sulle condizioni del paziente e lo trasmetta al Comitato di valutazione clinica presso le Aziende sanitarie territoriali. Si tratta di un organismo di nuova costituzione, che ogni Regione dovrà attivare entro 180 giorni dall’approvazione della legge; l’art. 7 ne disciplina la composizione, richiedendo che siano autonomi e indipendenti e dotati di molteplici competenze, tra cui quelle in medicina palliativa e negli aspetti psicologici, giuridici, sociali e bioetici delle questioni di fine vita. Detto Comitato deve esprimere un parere entro 30 giorni e inviarlo al paziente e al medico; se è favorevole, il medico lo invia alla direzione sanitaria di riferimento. Il decesso deve avvenire presso il domicilio del paziente o una struttura ospedaliera. Il medico può anche non trasmettere la richiesta al Comitato, se ritiene che non sussistano le condizioni necessarie; in questo caso, deve darne motivazione e il paziente può appellarsi al giudice territorialmente competente.

L’art. 6 prevede che il personale sanitario possa sollevare obiezione di coscienza; medici e infermieri non sono perciò obbligati a partecipare alle attività dirette al suicidio, anche se non sono esentati dall’assistenza antecedente l’intervento. Agli enti ospedalieri pubblici spetta comunque l’obbligo di assicurare che le procedure possano realizzarsi. Un’ultima importante previsione riguarda l’esclusione retroattiva di punibilità per chiunque abbia agevolato la morte volontaria di persone che si trovavano nelle condizioni previste dalla nuova normativa. L’ipotesi di un referendum sull’eutanasia

Mentre procedeva l’iter parlamentare della PdL sul suicidio assistito, l’Associazione Luca Coscioni, con altre organizzazioni, ha condotto una raccolta di firme per un referendum parzialmente abrogativo dell’art. 579 c.p. Lo scopo è andare al di là della parziale depenalizzazione del suicidio assistito sancita dalla Corte costituzionale, legalizzando l’eutanasia, ossia l’azione del medico direttamente intesa a causare la morte del paziente dietro sua richiesta. Come è noto, il referendum può abrogare norme esistenti, ma non modificarle o introdurne di nuove. In questo caso, il quesito chiede di eliminare alcune parti dell’articolo in questione, che qui appaiono barrate: «Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61. Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto; contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno». Quindi, se non ricorre nessuna delle tre condizioni indicate, il consenso dell’interessato è sufficiente a escludere la punibilità.

Come per ogni consultazione referendaria, la Corte costituzionale è chiamata, entro il mese di febbraio, a pronunciarsi sull’ammissibilità del quesito. Oltre al fatto di vertere su materie che la Costituzione esplicitamente esclude, un referendum può essere ritenuto inammissibile nel caso in cui l’eventuale abrogazione proposta produca una normativa lacunosa o incoerente. In questo caso, la lacuna potrebbe riguardare la mancata previsione di condizioni per l’accettabilità dell’intervento eutanasico o di requisiti di forma per la manifestazione del consenso, con conseguenti possibili abusi, mentre potrebbe essere valutata come incoerente la netta differenza tra l’art. 580 c.p. come modificato dalla Sentenza n. 242/2019 e l’art. 579 c.p. come modificato dal referendum. Spetta alla Consulta stabilire la sussistenza o meno di tali difetti.

Contribuire responsabilmente al dibattito

L’agenda politico-istituzionale di febbraio, con il giudizio di ammissibilità del referendum e la prevedibile ripresa dell’esame parlamentare della PdL, rimetterà le questioni di fine vita al centro della scena pubblica del nostro Paese. Se andrà come nei casi precedenti, è lecito attendersi un dibattito urlato, tra posizioni fortemente polarizzate, senza grande riguardo per la delicatezza della posta in gioco e la chiarezza dell’argomentazione, con conseguente confusione e sconcerto dell’opinione pubblica.

Per non smarrirsi, è innanzi tutto indispensabile evitare di fare di ogni erba un fascio: suicidio assistito ed eutanasia, i due punti attualmente all’ordine del giorno, non sono la stessa cosa, pur presentando elementi di contiguità. Altra questione ancora sono il rifiuto dell’accanimento terapeutico e più in generale la tutela della libertà di decidere a quali trattamenti sanitari sottoporsi (fatti salvi quelli obbligatori per legge), che sono oggetto della L. n. 219/2017. Pertanto su ciascuno di questi punti è possibile esprimere valutazioni differenziate.

In secondo luogo, occorre tenere presente che il dibattito si colloca a cavallo del delicatissimo crinale che unisce riflessione etica ed elaborazione normativa. Prendere posizione richiede quindi di esaminare non solo il merito della questione, ma anche il contesto politico, sociale e culturale al cui interno ci si muove. Da un punto di vista strettamente etico, su suicidio assistito ed eutanasia non ci sarebbe tutto sommato molto di nuovo da dire. Una riflessione fondata in una prospettiva personalista non fatica a evidenziare limiti e persino cortocircuiti di proposte imperniate su una assolutizzazione dell’autonomia individuale, che sradicano la libertà dal tessuto di relazioni da cui sgorga e trae alimento, trasformandola in arbitrio che rischia di ritorcersi contro se stessa. Sono queste le ragioni per cui il Magistero della Chiesa continua a ribadire l’illiceità di eutanasia volontaria e suicidio assistito in prospettiva cristiana [3]. Del resto, l’ascolto attento della richiesta di darsi o ricevere la morte permette con frequenza di riconoscerla come spia della paura dell’abbandono e quindi come una radicale domanda di cura, a cui è sempre possibile rispondere, anche quando è esclusa la prospettiva della guarigione.

un’iniezione letale grazie all’aiuto di un medico, che difficilmente può considerarsi una opzione terapeutica [4]. In questo modo estende il principio di autodeterminazione del paziente, che la L. n. 219/2017 garantisce in riferimento ai trattamenti sanitari, fino a comprendere un diritto di scegliere la morte, sia pure limitatamente ad alcune condizioni particolari; in sostanza, conferisce problematicamente al suicidio assistito la dignità di trattamento alternativo. Inoltre, la sentenza non riconosce la sostanziale differenza tra consentire che la morte avvenga (sospensione dei trattamenti di sostegno vitale) e causare la morte (aiuto al suicidio e omicidio del consenziente).

Tuttavia la sentenza è un fatto, così come l’appello, che essa stes-

«In seno alle società democratiche, argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza: in modo serio e riflessivo, e ben disposti a trovare soluzioni – anche normative – il più possibile condivise. Da una parte, infatti, occorre tenere conto della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni etiche e delle appartenenze religiose, in un clima di reciproco ascolto e accoglienza. D’altra parte, lo Stato non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti, difendendo la fondamentale uguaglianza per cui ciascuno è riconosciuto dal diritto come essere umano che vive insieme agli altri in società».

Papa Francesco, Messaggio ai partecipanti al Meeting regionale europeo della World Medical Association sulle questioni del “fine vita”, 16 novembre 2017

sa formula, a un intervento legi-

Questa consapevolezza etica è chiamata a calarsi entro un contesto specifico, segnato dalla Sentenza n. 242/2019. Quest’ultima è passibile di critica nella misura in cui sembra tracciare un’analogia tra la sospensione della ventilazione artificiale, che rappresenta senza dubbio una scelta relativa alle terapie, e l’autosomministrazione di slativo sulla materia sulla base dei principi che la informano. Disattenderlo significherebbe mettere ulteriormente a repentaglio la credibilità delle istituzioni. La PdL in discussione alla Camera si muove all’interno del perimetro tracciato dalla sentenza, aggiungendo alcuni elementi sicuramente rilevanti, riguardo alla puntuale definizione dei criteri clinici per poter richiedere l’aiuto al suicidio, al ruolo e al funzionamento dei Comitati di valutazione clinica incaricati di vagliare le richieste. Significativi sono anche il riconoscimento del valore dell’obiezione di coscienza e l’opzione di


collocare il suicidio assistito nell’ambito pubblico, attraverso il coinvolgimento del Servizio sanitario nazionale e i requisiti di forma della richiesta, evitando derive di privatizzazione presenti in altri ordinamenti, che trasformano la morte volontaria in un’opportunità di profitto. L’impostazione della PdL offre sufficienti garanzie per evitare abusi o degenerazioni e per questo, all’interno del contesto culturale pluralistico in cui ci collochiamo, può rappresentare un punto di mediazione accettabile [5], nella logica delle “leggi imperfette” [6].

In particolare, la sua approvazione può ragionevolmente rappresentare un argine ad alternative più ampie e pericolose, tra cui va senza dubbio annoverata la liberalizzazione dell’eutanasia che scaturirebbe dall’eventuale referendum sull’articolo 579 c.p., se ritenuto ammissibile e poi approvato dagli elettori. I meccanismi di funzionamento dell’istituto referendario ci restituirebbero una normativa in materia di omicidio del consenziente (eutanasia inclusa) dalle maglie estremamente larghe, peraltro in aperto contrasto con gli stringenti requisiti che la Sentenza n. 242/2019 e la PdL, che su di essa si basa, pongono per l’accesso al suicidio assistito. A differenza degli altri ordinamenti in cui l’eutanasia è legale, non vi sarebbero condizioni per avanzare la richiesta di morire, quali una patologia terminale, sofferenze intollerabili, assenza di opzioni terapeutiche, ecc. Anche l’assenza di requisiti di forma per la manifestazione del consenso potrebbe prestare il fianco ad abusi. Certo, un successivo intervento legislativo potrebbe risolvere queste criticità, ma la sua urgenza non costituirebbe una garanzia di rapida attuazione, e in ogni caso non potrebbe rimediare ad abusi intervenuti nel frattempo.

Una partecipazione responsabile al dibattito e all’elaborazione normativa richiede di operare innanzi tutto per scongiurare gli scenari più gravi, anche attraverso l’approvazione di leggi non pienamente soddisfacenti, anzi contribuendo al loro miglioramento nel prosieguo dell’iter parlamentare.



[1] Il testo in discussione risulta dall’accorpamento di varie proposte (C. 2-1418-1586-16551875-1888-2982-3101-A), operato dalle Commissioni, ed è disponibile sul sito della Camera al link <http://documenti.camera.it/leg18/pdl/pdf/leg.18.pdl.camera.2_A.18PDL0167820.pdf>.

[2] Per una dettagliata presentazione critica della L. n. 219/2017, rinviamo a Casalone C., «Abitare responsabilmente il tempo delle DAT», in Aggiornamenti Sociali, 2 (2018) 112-123, e più in generale ai materiali disponibili all’interno del dossier DAT sul sito della Rivista, <www. aggiornamentisociali.it/dossier/dat>. Per ulteriori commenti, cfr il «Forum» dedicato alla legge in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 1 (2018) 11-209.

[3] Ci limitiamo a segnalare le prese di posizione più recenti: Congregazione per la dottrina della fede, Lettera Samaritanus bonus sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita, 22 settembre 2020; Ufficio nazionale per la pastorale della salute della CEI, Alla sera della vita. Riflessioni sulla fase terminale della vita terrena, Romani, Savona 2020.

[4] Cfr Reichlin M., «L’ordinanza della Corte Costituzionale sul caso Cappato: osservazioni critiche», in notizie di Politeia, 133 (2019) 99-104.

[5] In questo senso cfr Casalone C., «La discussione parlamentare sul “suicidio assistito”», in La Civiltà Cattolica, n. 4118 (15 gennaio – 5 febbraio 2022) 154-156.

[6] A riguardo, cfr Eusebi L. (a cura di), Il problema delle leggi imperfette. Etica della partecipazione all’attività legislativa in democrazia, Morcelliana, Brescia 2017.

© FCSF - Aggiornamenti Sociali

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Addio a mons. Giudici, nostro vicario episcopale dal 1988 poi vicario del beato Carlo Maria Martini

IL COMUNICATO DELLA DIOCESI

Nella prima mattina di oggi, 18 gennaio, è spirato S.E. mons. Giovanni Giudici, Vescovo emerito di Pavia.

Mons. Giovanni Giudici da dieci anni Vescovo di Pavia - Diocesi di Pavia

 

Era nato a Varese, il 6 marzo 1940. Entrato nel Seminario diocesano dopo gli studi liceali a Varese, al liceo Cairoli.

Viene ordinato sacerdote il 27 giugno 1964, laureandosi poi in Lingue e letteratura moderne presso l’Università Bocconi nel 1972.

Dopo i primi incarichi pastorali e un periodo di insegnamento presso il Seminario diocesano di Seveso, nel 1979 è nominato parroco di S. Anna, nel quartiere Fiera della città di Milano.

Nel 1984 viene eletto decano e nel 1988 nominato Vicario episcopale della Zona Pastorale II (Varese e provincia). Il 9 giugno 1990 papa Giovanni Paolo II lo nomina Vescovo ausiliare di Milano e vescovo titolare di Usula; il 29 giugno successivo riceve l’ordinazione episcopale per l’imposizione delle mani del cardinale Carlo Maria Martini, che il 1° febbraio 1991 lo nomina Vicario generale della Diocesi ambrosiana.

Sempre papa Giovanni Paolo II lo nominò, nel 2003, vescovo di Pavia (prese possesso della diocesi a gennaio del 2004). Nel 2009 fu nominato presidente nazionale di Pax Christi. Nel 2013, come vescovo di Pavia, riconobbe come miracolosa la guarigione a Lourdes, nel 1989, di suor Danila Castelli, a cui era stato diagnosticato un tumore inguaribile. Rinunciò al governo della diocesi pavese, per raggiunti limiti di età, nel 2015.

Giovanni Giudici, morto il vescovo emerito di Pavia: era stato vicario della diocesi ambrosiana con il cardinal Martini

 

I parrocchiani della comunità pastorale Maria Madre della Chiesa sono uniti nella preghiera per il loro pastore che ha raggiunto il Padre celeste.

I consiglieri della parrocchia di S Apollinare di Crosio della Valle in particolare perdono una guida che a cavallo tra gli anni 80 e 90 del secolo scorso li guidò di persona con il compianto cardinale Martini alla brillante soluzione dei problemi legati alla mancanza del parroco residente, che fu la prima pietra per la futura costruzione di quello che oggi è la realtà delle comunità pastorali.

I funerali Lunedì 20 gennaio in duomo a Pavia.

Nella foto il Cardinale Colombo con il segretario dell'epoca. Don Giovanni Giudici.

Un periodo che fu di splendide personalità per la nostra diocesi.

 

 

ReG

 

 

CARLO MARIA MARTINI : TERRORISMO E PACE

Terrorismo, legittima difesa,

guerra e pace

 

 Un testo profetico ( e attualisimo ) del compianto Cardinal Carlo Maria Martini che in questi giorni è necessario meditare.

 

 

INTRODUZIONE

I temi del mio discorso, indicati nel titolo, hanno accompagnato da sempre l’umanità, da quando Caino alzò la mano proditoriamente su Abele e lo uccise (Gen 4,8) e da quando Dio dichiarò: “Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte” (Gen 4,15), fino alla parola di Gesù: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27). Ma in questi mesi, (…) tali temi sono ritornati di bruciante attualità.

I fatti li conosciamo: (…) In questi ultimi giorni, poi, si sono moltiplicati vergognosi attentati contro cittadini inermi in Israele, a cui hanno fatto seguito ritorsioni e azioni militari in Palestina, in luoghi dove ormai da anni c’è un crescendo di violenza di cui non si vede la fine.

1.  UNO SGUARDO AL VANGELO (LC 13,1-5)

Questi fatti ci addolorano, ci interpellano, ci sconvolgono. Pensiamo con dolore agli innumerevoli morti, ai feriti che porteranno per tutta la vita il segno della tragedia, alle famiglie distrutte, ai milioni di profughi, al pianto dei bambini mutilati. Nascono molte domande, ipotesi, inquietudini. Domande di carattere umano e religioso e anche di carattere politico. Si vorrebbe capire, giudicare, vedere come agire per farla finita con il terrorismo, la paura, la guerra, come operare seriamente per una pace duratura.

Certamente la situazione è ancora troppo complessa e fluida per descriverla in maniera adeguata. Ogni giorno, poi, aggiunge la sua sorpresa, per lo più dolorosa. (…) Perciò mi sono chiesto con insistenza e ho chiesto al Signore: (…)ha davvero senso parlare di pace? E in che modo, e a quale prezzo?

Parlando, leggendo e ascoltando molto, mi sono accorto di come anche i pareri siano tanto divergenti. Molteplici i punti di vista, gli angoli di visuale; fortissime le passioni, i coinvolgimenti emotivi; resistenti a sgretolarsi le precomprensioni, soprattutto quelle inconsce. (…). Sono numerose le pagine bibliche evocate in questi mesi per cercare luce nella parola di Dio. Io vorrei partire dal passo evangelico di Luca (13,1-5) che è stato letto durante la preghiera vespertina: si tratta di due affermazioni o reazioni di Gesù, posto di fronte a gravi fatti di sangue di origine politica e a dolorose calamità naturali.

“In quello stesso tempo si presentarono a Gesù alcuni a riferirgli circa quei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola Gesù rispose: Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

(…) I due episodi sono proposti a Gesù perché prenda posizione. Molti aspettano, che egli si dichiari contro il tiranno Pilato; altri vorrebbero che criticasse i Galilei come terroristi insipienti. A proposito della caduta della torre ci si attende che denunci con parole di fuoco l’incuria dei governanti o al contrario rimproveri l’imprudenza colpevole della gente. Invece si verifica l’imprevisto. Gesù non prende posizione né pro, né contro nessuna delle persone coinvolte, non si esprime su chi degli immediati protagonisti sia da ritenersi colpevole. Proclama, è vero, un suo giudizio, che dovremo approfondire. Ma la sua voce sta al di sopra di tutti i temi sia pur gravi di politica corrente. Ciò può sorprendere, deludere e turbare. Vedremo che cosa voglia dire per l’oggi. (…)

2.  LE DOMANDE DI OGGI

Qualcosa di simile avviene oggi. Gli interrogativi sui fatti della storia e soprattutto su quelli drammatici dei nostri giorni sono tanti e comprensibilmente carichi di sofferte emozioni, di precomprensioni affettive e anche di pregiudizi. E non di rado si invocano da qualche autorità morale risposte immediate e chiarificatrici ( per lo più nell’attesa di essere confermati in ciò che ciascuno ha già giudicato dentro di sé!). Molte, in particolare, le interrogazioni gravi che si pone l’uomo della strada di fronte alle notizie e alle immagini televisive di questi mesi e di questi giorni.

La prima riguarda gli autori dei gesti di terrorismo, a partire dai più clamorosi e micidiali, (…) ed è la domanda sul perché. Perché un essere umano può giungere a tanta crudeltà e cecità? Ci si chiede in quali oscuri meandri della coscienza possano albergare tali sentimenti di odio, di fanatismo politico e religioso, quali risentimenti personali e sensi di umiliazione collettiva possano essere alla radice di simili folli decisioni. Nulla e nessuno potrà mai giustificare tali atti o dare loro una qualunque parvenza anche larvata di legittimazione. Ci dobbiamo però chiedere: noi tutti ci siamo davvero resi conto nel passato, rispetto ad altre persone e popoli, quanto grandi ed esplosivi potessero a poco a poco divenire i risentimenti e quanto nei nostri comportamenti potesse contribuire e contribuisse di fatto ad attizzare nel silenzio vampate di ribellione e di odio?

Non posso, a proposito della prima domanda, non sottolineare la tremenda responsabilità di chi, magari dotato di grandi mezzi di fortuna, ha imparato a sfruttare i risentimenti e li fornisce di strumenti di morte, finanziando, armando e organizzando i terroristi in ogni parte del mondo, forse pure vicino a noi. Anche per costoro non v’è nessuna ragione o benché minima legittimazione per il loro agire. Valgono piuttosto le parole di Gesù per chi sfrutta in tal modo la debolezza di persone semplici: “Sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da un asino, e fosse gettato negli abissi del mare!” (Mt 18,1). (…) Chi getta oggi il sasso, e si sente impunito, domani potrà buttare la bomba o impugnare la pistola. La “tolleranza zero” è, per ogni parola o gesto di odio, supportata da una regola evangelica.

(…) Una seconda domanda, di natura piuttosto politica e militare: il tipo di operazioni che si vanno facendo contro il terrorismo sarà efficace? Servirà davvero a scoraggiare i terroristi, a chiudere gli episodi macabri degli uomini-bomba, a creare le condizioni per un superamento delle cause di tante inquietudini? Ben pochi di noi hanno risposte certe e articolate a tutte queste questioni, anche per la loro complessità e gli scenari e episodi diversi e mutevoli a cui esse si riferiscono. (…)Anche a tale domanda non osiamo dare qui una risposta; però è connessa strettamente con la seguente.

La terza domanda è di tipo etico: ciò che si è fatto e si sta facendo contro il terrorismo specialmente a livello bellico rimane nei limiti della legittima difesa, o presenta la figura, almeno in alcuni casi, della ritorsione, dell’eccesso di violenza, della vendetta? È chiaro che il diritto di legittima difesa non si può negare a nessuno, neppure in nome di un principio evangelico. Occorre tuttavia una continua vigilanza, un costante dominio su di sé e delle passioni individuali e collettive per far sì che nella necessaria azione di prevenzione e di giustizia non si insinui la voluttà della rivalsa e la dismisura della vendetta. (…) Ma ora a che punto siamo? Non hanno forse l’ansia di vittoria e il dinamismo della violenza preso la mano diminuendo la soglia di vigilanza sulle azioni di guerra che potrebbero essere non strettamente necessarie rispetto agli obiettivi originari e soprattutto colpire popolazioni inermi? È qui che il principio della legittima difesa viene messo gravemente in questione, poiché non si può impunemente andare oltre senza creare più odi e conflitti di quanto non si pretenda risolverne. Sembra questo in particolare il caso, è doloroso dirlo, di quanto continua ad accadere in maniera crescente in Medio Oriente. Da una parte un terrorismo folle e suicida contro cittadini pacifici, fra cui tanti bambini, un terrorismo che non conduce a nulla e che suscita un crescendo di ira, indignazione e orrore. Dall’altra atti di guerra, difficilmente definibili ancora come operazioni di legittima difesa, che colpiscono popolazioni inermi, e anche qui tanti bambini. (…) Non riesce a cogliere quale sia la strategia della pace e della sicurezza che pure è sempre nel desiderio di tutto quel popolo la cui sopravvivenza è essenziale per il futuro della pace nella regione e nel mondo intero.(…)

3.  L’ATTEGGIAMENTO DI GESÙ

(…) Che cosa ci direbbe oggi Gesù su quanto abbiamo evocato fin qui? Che cosa ci suggerirebbe nello spirito del Discorso della Montagna, nel quadro delle beatitudini dei misericordiosi e degli operatori di pace?

(…) Gesù non intende per nulla togliere a ciascuno la sua concreta responsabilità. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne porta le conseguenze. Per questo Gesù disse a Pietro che tentava di difenderlo con la forza quando vennero per arrestarlo: “Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che metteranno mano alla spada periranno di spada” (Mt 26,52). Egli sa che ciascuno deve prendere le sue decisioni morali di fronte alle singole situazioni. Gli importa però assai di più segnalare che gli sforzi umani di distruggere il male con la forza delle armi non avranno mai un effetto duraturo se non si prenderà seriamente coscienza di come le cause profonde del male stanno dentro, nel cuore e nella vita di ogni persona, etnia, gruppo, nazione, istituzione che è connivente con l’ingiustizia. Se non si mette mano a questi ambiti più profondi mutando la nostra scala di valori, tra breve ci ritroveremo di fronte a quei mali che abbiamo cercato con ogni sforzo esteriore di eliminare.

(…) Sono tanti i mali da deplorare e da sconfiggere: oltre il terrorismo e la violenza va condannata ogni ingiustizia e va eliminato ogni affronto alla dignità umana. Ci chiediamo: sarà possibile una tale inversione di tendenza? (…) Pur se lasciamo al Signore della storia il calcolo dei tempi, sappiamo che è ben possibile che maturi di nuovo in Occidente, forse proprio sotto la spinta di eventi così drammatici, la percezione che è necessario un cambio di vita, l’adozione di una nuova scala di valori. (…)

Non è così importante sapere se ciò si avvererà presto. In fondo, come diceva Bonhoeffer, “per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in questo affare, ma: quale potrà essere la vita per la generazione che viene? Solo da questa domanda storicamente responsabile possono nascere soluzioni feconde” (Resistenza e Resa, Milano, p. 64). Ciò che dunque urge è dirci che se non avviene un cambio radicale nella scala dei valori, se non vengono messi al primo posto la pace, la solidarietà, la mutua convivenza, l’accoglienza reciproca, l’ascolto e la stima dell’altro, l’accettazione, il perdono, la riconciliazione delle differenze, il dialogo fraterno e quello politico e diplomatico, mentre vengono contemporaneamente messe al bando le rappresaglie della guerra, se non vengono disarmate non solo le mani ma anche le coscienze e i cuori, noi avremo sempre a che fare con nuove forme di violenza e anche di terrorismo. Riusciremo magari a spegnerle per un momento, ma per vederle poi risorgere impietosamente altrove.

Come ha ripetuto il 4 dicembre 2001 il Papa a proposito del conflitto in Medio Oriente: “La violenza non risolve mai i conflitti, ma soltanto ne accresce le drammatiche conseguenze”. Ha perciò lanciato “un nuovo pressante appello alla comunità internazionale, affinché con sempre maggiore determinazione e coraggio aiuti israeliani e palestinesi a spezzare questa inutile spirale di morte. Siano ripresi immediatamente i negoziati, perché si possa giungere finalmente alla tanto desiderata pace. (…)

4.  APERTURE NUOVE

(…) È importante allora riconoscere che dobbiamo fare ciascuno la nostra parte e ascoltare l’appello che ci raggiunge. Il momento drammatico che stiamo vivendo è un forte richiamo alla conversione e al riconoscimento della nostra connivenza con i mali del mondo. Sottolineo: con i mali di tutti, sotto ogni latitudine e non del solo mondo occidentale. Certamente esso ha i suoi gravissimi torti, le sue cecità, i suoi idoli, i suoi deliri di onnipotenza.

Per questo la Chiesa, neppure quella Occidentale, che ha vissuto storicamente e tuttora vive in questo ambito e si è sempre sforzata di dargli un’anima, non si è mai riconosciuta né identificata del tutto con esso né tanto meno si identifica ora in un ambito nel quale gloriose tradizioni di libertà e dignità umana convivono – in un clima crescente di compromissione – con un individualismo senza regole, con il culto del denaro, del successo, dell’immagine e della potenza.

Pur con tutto ciò non dobbiamo ritenere che sia solo il nostro mondo occidentale quello chiamato da Gesù a cambiar vita. Il Signore afferma due volte, nel testo di Luca da cui siamo partiti (13,3.5): “se non cambierete vita, perirete tutti!”. La follia dell’autodistruzione, che assume nelle odierne culture innumerevoli forme, minaccia tutti quanti. Gli spettri della corruzione, del malgoverno, del prevalere dell’interesse privato e tribale su quello pubblico, della dittatura e del primato della forza e delle armi, stanno succhiando il sangue di innumerevoli poveri della terra.

Sarebbe troppo facile trovare un solo capro espiatorio e una sola vittima. Zizzania e buon grano sono intrecciati profondamente in ogni angolo del pianeta. Gesù sa che il male è nascosto nel cuore di ogni uomo e di ogni cultura, sa che siamo “generazione incredula e perversa” (Mt 17,17).

Dobbiamo in altre parole renderci conto che di certe pesti che ammorbano il mondo (e di cui i conflitti bellici e gli attentati sono una delle manifestazioni) non è soltanto colpevole l’uno o l’altro individuo o popolo lontano da noi o vicino a noi, ma ne siamo tutti in qualche modo, ciascuno per la sua parte, conniventi e corresponsabili.

Se, spinti da eventi tragici che mai avremmo voluto neppure immaginare, l’invito di Gesù a cambiare scala di valori e criteri di giudizio cominciasse a venire accolto, ne emergerebbe una società più pensosa, una gioventù meno dissipata e meno avida di divertimenti, conscia delle proprie responsabilità per il futuro del pianeta; pronta anche ad ascoltare il richiamo per aprirsi a esistenze consacrate al servizio totale di

Dio e del prossimo. (…)

5.  IL GRANDE BENE DELLA PACE

(…) La pace è il più grande bene umano, perché è la somma di tutti i beni messianici. Come la pace è sintesi e simbolo di tutti i beni, così la guerra è sintesi e simbolo di tutti i mali. Non si può mai volere la guerra per se stessa, perché è sistematica violazione di sostanziali diritti umani. Vi saranno al limite casi di legittima difesa di beni irrinunciabili. Però il contrasto all’azione ingiusta, non di rado doveroso e meritorio, deve restare nei limiti strettamente necessari per difendersi efficacemente. Potranno anche essere necessarie coraggiose azioni di “ingerenza umanitaria” e interventi volti alla restituzione e al mantenimento della pace in situazioni a gravissimo rischio. Ma non saranno ancora la pace.

Pace non è solo assenza di conflitto, cessazione delle ostilità, armistizio. Non è neppure soltanto la rimozione di parole e gesti offensivi (Mt 5,21-24), neppure solo perdono e rinuncia alla vendetta, o saper cedere pur di non entrare in lite (cfr Mt 5,38-47). Pace è frutto di alleanze durature e sincere, (enduring covenants e non solo enduring freedom), a partire dall’Alleanza che Dio fa in Cristo perdonando l’uomo, riabilitandolo e dandogli se stesso come partner di amicizia e di dialogo, in vista dell’unità di tutti coloro che Egli ama. In virtù di questa unità e di questa alleanza ciascuno vede nell’altro anzitutto uno simile a sé, come lui amato e perdonato, e se è cristiano legge nel suo volto il riflesso della gloria di Cristo e lo splendore della Trinità. Può dire al fratello: tu sei sommamente importante per me, ciò che è mio è tuo. Ti amo più di me stesso, le tue cose mi importano più delle mie. E poiché mi importa sommamente il bene tuo, mi importa il bene di tutti, il bene dell’umanità nuova: non più solo il bene della famiglia, del clan, della tribù, della razza, dell’etnia, del movimento, del partito, della nazione, ma il bene dell’umanità intera: questa è la pace.

6.  ALCUNI IMPERATIVI IMMEDIATI

$11.                  Abbiamo anzitutto un grande bisogno di percepire dentro di noi una fontana zampillante di pace che ci apra alla fiducia nella possibilità di passi concreti e semplici verso un cambiamento di stile di vita e di criteri di giudizio, unica via a un cammino serio di pace. (…)

$12.                  Per evitare di essere trascinati, magari non intenzionalmente, in uno scontro di civiltà, occorrerà esercitarsi nell’arte del dialogo, che parte da una chiara coscienza della propria identità e della ricchezza dei linguaggi con cui esprimerla e renderla accessibile smontando i pregiudizi, i cavilli e le false comprensioni.

$13.                  Per questo sarà importante imparare a conoscere le altre religioni, in particolare l’Ebraismo e l’Islam, scrutando di ciascuna la storia, la letteratura, le ricchezze spirituali, le profondità mistiche, il pluralismo espressivo, anche quello sociale e politico.

$14.                  Soprattutto occorrerà educare a gesti, pensieri e parole di perdono, di comprensione e di pace, usando tolleranza zero per ogni azione che esprima sentimenti di xenofobia, di antisemitismo, di minor rispetto di qualunque sentimento e tradizione religiosa. Questo richiede che anche gli altri rispettino e apprezzino quei segni religiosi che sono stati e sono tuttora per noi la via e il simbolo che ci permette oggi di offrire a tutti ospitalità e pace.

Milano, 6 dicembre 2001

 

TESTO INTEGRALE STAMPABILE IN ALLEGATO

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LETTERA DEL PATRIARCA DI GERUSALEMME -

Riportiamo in versione integrale la lettera di mons.Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme, a proposito della guerra in atto.

 

Nessun commento. Lettera integrale in allegato sotto.

 

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Preghiera di S.Teresa di calcutta

Da un post di un amico pubblicato oggi su whatsapp.

Visto il periodo ho pensato di pubblicarlo acchè i lettori possano unirsi alla preghiera di Madre Teresa.

 

Felicit - Felicit ha aggiunto una nuova foto

 

 

Vi ricordo di sfogliare Il Vangelo ed il Santo del giorno per trarre altri spunti.

Buona Giornata

 

Rnd

 

BENVENUTO A DON FRANCO GALLIVANONE NOSTRO NUOVO VICARIO

Don Franco Gallivanone nuovo vicario episcopale per la zona di Varese

Subentrerà il primo settembre a Monsignor Vegezzi, destinato a alla Zona 1 di Milano. E' stato parroco e Decano a Somma Lombardo e vicerettore del seminario di Saronno

Somma Lombardo generiche

L’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini ha nominato oggi i nuovi vescovi vicari delle sette zone della diocesi di Milano, con delle scelte che interessano la zona di Varese.

Monsignor Giuseppe Vegezzi, ora vicario della zona di Varese,  diventerà vicario per la Zona I, Milano. Al suo posto è stato nominato Don Franco Gallivanone. Don Gallivanone, parroco delle parrocchie San Pio V e Santa Maria di Calvairate (dal 2016) e di Sant’Eugenio a Milano (dal 2021), e dal 2021 decano del Decanato Forlanini – Romana Vittoria, è nato a Milano il 29 gennaio 1956.
Ordinato sacerdote nel Duomo di Milano il 14 giugno 1980, ha conseguito la Licenza in Teologia nel 1988. Dal 1980 al 1984 è stato vicerettore del Seminario di Saronno. Dal 1991 al 1995 collaboratore del Rettore dell’Istituto Maria Immacolata (Ismi), poi responsabile fino al 2006. 
Nel 2006 è stato nominato parroco a Somma Lombardo, e dal 2011 al 2016 è stato responsabile della neonata Comunità pastorale Maria, Madre presso la Croce. Dal 2006 al 2015 è stato decano del Decanato Somma Lombardo.

Quattordici minuti con gesù

QUATTORDICI MINUTI CON GESU'
 


Quindici minuti con Gesù


Quattordici minuti con Gesù


GESÙ:
Non è necessario, figlio mio, sapere molto per farmi piacere.
Basta che tu abbia fede e che ami con fervore.
Se vuoi farmi piacere ancora di più, confida in me di più,
se vuoi farmi piacere immensamente, confida in me immensamente.

Allora parlami come parleresti con il più intimo dei tuoi amici,
come parleresti con tua madre o tuo fratello... 
VUOI FARMI UNA SUPPLICA IN FAVORE DI QUALCUNO?
Dimmi il suo nome, sia quello dei tuoi genitori,
dei tuoi fratelli o amici, o di qualche persona a te raccomandata...
Dimmi subito cosa vuoi che faccia adesso per loro.
L'ho promesso: "chiedete e vi sarà dato.
Chi chiede ottiene" Chiedi molto, molto.
Non esitare nel chiedere.
Ma chiedi con fede perché io ho dato la mia parola:
"Se aveste fede quanto un granellino di senape potreste dire al monte:
levati e gettati nel mare ed esso ascolterebbe.
Tutto quello che domandate nella preghiera,
abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato".
Mi piacciono i cuori generosi
che in certi momenti sono capaci di dimenticare se stessi
per pensare alle necessità degli altri.
Così fece mia Madre a Cana in favore degli sposi
quando nella festa dello sposalizio è venuto a mancare il vino.
Mi chiese un miracolo e l'ottenne.
Così fece anche quella donna cananea che mi chiese di liberare la figlia dal demonio,
ed ottenne questa grazia specialissima.
Parlami dunque, con la semplicità dei poveri, di chi vuoi consolare,
dei malati che vedi soffrire, dei traviati che vorresti tornassero sulla retta via,
degli amici che si sono allontanati e che vorresti vedere ancora accanto a te,
dei matrimoni disuniti per i quali vorresti la pace.
Ricorda Marta e Maria quando mi supplicarono per il fratello Lazzaro
ed ottennero la sua risurrezione.
Ricorda Santa Monica che,
dopo avermi pregato durante trent'anni per la conversione del figlio,
grande peccatore, ottenne la sua conversione e diventò il grande Sant'Agostino.
Non dimenticare Tobia e sua moglie che con le loro preghiere
ottennero fosse loro inviato l'Arcangelo Raffaele per difendere il figlio in viaggio,
liberandolo dai pericoli e dal demonio,
per poi farlo ritornare ricco e felice affianco dei suoi familiari.
Dimmi anche una sola parola per molte persone, ma che sia una parola d'amico,
una parola del cuore e fervente.
Ricordami che ho promesso: "Tutto è possibile per chi crede.
Il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!
Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo concederà ".

E PER TE HAI BISOGNO DI QUALCHE GRAZIA?
Se vuoi farmi una lista delle tue necessità e vieni a leggerle in mia presenza;
ricorda il caso del mio servo Salomone,
mi chiese la saggezza e gli fu concessa in abbondanza.
Non dimenticare Giuditta che implorò grande coraggio e l'ottenne.
Tieni presente Giacobbe che mi chiese prosperità
(promettendomi di dare in opere buone la decima parte di quanto avesse avuto)
e gli fu concesso molto, generosamente, tutto quello che desiderava e ancor di più.
Sara mi pregò ed io allontanai il demonio che la tormentava.
Magdalena pregò con fede e la liberai dalle brutte abitudini.
Zaccheo con la preghiera si liberò dal dannoso attaccamento al denaro
e si trasformò in uomo generoso.
E tu. . . cosa vuoi che ti conceda?
Dimmi sinceramente se sei orgoglioso, se ami la sensualità e la pigrizia,
Che sei egoista, incostante. Che trascuri i tuoi doveri.
Che giudichi severamente il tuo prossimo, dimenticando la mia proibizione:
"non giudicate per non essere giudicati; non condannate e non sarete condannati".
Dimmi se parli senza carità degli altri.
Che ti preoccupi di più di quello che pensano gli altri di te
che di quello che "pensa Dio".
Che ti lasci dominare dalla tristezza e dal malumore.
Che rifiuti la tua vita, la tua povertà, i tuoi mali, il tuo lavoro,
il modo come ti trattano, dimenticando quello che dice il Libro Santo:
"Dio dispone tutte le cose per il bene di quelli che lo amano".
Dimmi se hai l'abitudine di dire bugie,
che non domini il tuo sguardo nè la tua immaginazione,
che preghi poco senza fervore,
che le tue confessioni sono fatte senza dolore
e senza l'intenzione di evitare poi le occasioni di peccato,
e per questo cadi sempre nelle stesse mancanze.
Che la messa la segui male e le comunioni le fai senza preparazione
e con poche azioni di grazia.
Che sei pigro ed hai paura dell'apostolato.
Che qualche volta passi alcuni giorni senza leggere neanche una pagina della Bibbia...
Ed io ti ricorderò i miei insegnamenti
che porteranno una trasformazione totale nella tua vita.
Ti dirò ancora: "Dio umilia gli orgogliosi ma gli umili colma di grazie... ".
"Se trascuri i piccoli doveri trascurerai anche quelli grandi.
Di ogni parola dannosa che uscirà dalla vostra bocca
dovrete renderne conto il giorno del giudizio.
Beati quelli che ascoltano la parola del Signore e la mettono in pratica ".
Non ti vergognare, povera anima!
Ci sono in cielo molti giusti e tanti santi di prim'ordine
che hanno avuto gli stessi tuoi difetti.
Ma pregarono con umiltà e poco a poco si sono liberati di essi.
Perché "non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori"
e perché "Dio non rifiuta mai un cuore umiliato e pentito.
Il miglior dono per Dio è un cuore pentito".
E non esitare neanche nel chiedermi beni spirituali e materiali,
salute, memoria, simpatia, successo nel lavoro, negli studi e negli affari.
Andare d'accordo con tutte le persone.
Nuove idee per i tuoi affari, amicizie che ti siano utili,
buon carattere, pazienza, allegria, generosità, amore per Dio, odio al peccato...
Tutto questo posso darti e ti do, e desidero che tu mi chieda,
sempre e quando favorisca ed aiuti la tua santità e non si opponga ad essa.
Ma in tutto devi sempre ripetere la mia preghiera nell'orto:
il Padre, non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi Tu'.
Perché molte volte quel che chiede una persona non conviene per la sua salvezza,
ed allora nostro Padre gli concede altri doni che gli faranno maggior bene.

E PER OGGI? CHE TI OCCORRE? COSA POSSO FARE PER IL TUO BENE?
Se tu sapessi il desiderio che ho di favorirti.
Ho dato da mangiare a cinquemila persone con solo cinque pani,
perché ho visto che ne avevano bisogno.
Ho calmato la tempesta quando gli apostoli mi svegliarono.
Ho risuscitato la figlia di Giairo quando suo padre mi chiese di farlo.
Anche tu dovrai ripetere col profeta:
"Chi si è rivolto al Signore e non è stato ascoltato?"

HAI ADESSO FRA LE MANI QUALCHE PROGETTO?
Raccontami nei dettagli. Cosa ti preoccupa? Cosa pensi di fare? Cosa vuoi?
Come posso aiutarti? Magari ricordi sempre la frase del salmista:
"Quel che ci porta al successo non sono i nostri affanni.
Quel che ci porta al successo è la benedizione di Dio.
Raccomandati a Dio nelle tue preoccupazioni e vedrai realizzarsi i tuoi buoni desideri."
Gli israeliti desideravano occupare la terra promessa.
Mi supplicarono e lo concessi; David voleva vincere Golia, Mi pregò e l'ottenne;
i miei apostoli volevano che aumentassi la loro fede,
Mi chiesero questo favore e lo concessi con enorme generosità.
E tu..,cosa vuoi che ti conceda?

COSA POSSO FARE PER I TUOI AMICI?
Cosa posso fare per i tuoi superiori, per le persone che vivono nella tua casa,
nel tuo quartiere, che trovi nel tuo cammino,
per le persone delle quali dovrai rendere conto il giorno del giudizio?
Geremia pregò per la città di Gerusalemme e Dio la colmò di benedizioni,
Daniele pregava per i suoi connazionali
ed ottenne che diminuissero molte loro pene.
E tu, cosa mi chiedi per i tuoi vicini di casa,
per il tuo quartiere, per la tua regione, per la tua patria.

E PER I TUOI GENITORI?
Se sono già morti ricorda che
"è una opera santa e buona pregare Dio per i morti,
perché riposino dalle loro pene".
E se sono ancora viventi, cosa vuoi per loro?
Più pazienza nelle loro pene, nei loro problemi di salute?
Un carattere piacevole? Comprensione in famiglia?
Le preghiere di un figlio non possono essere respinte da chi, a Nazareth,
per trent'anni è stato esempio di amore filiale.

C'È QUALCHE FAMILIARE CHE HA BISOGNO DI QUALCHE FAVORE?
Prega per lui o per lei
e io farò della tua famiglia un tempio d'amore e conforto,
e verserò a mani piene sui tuoi familiari le grazie e gli aiuti necessari
per essere felici nel tempo e nell'eternità.

E PER ME? NON DESIDERI DA ME GRAZIA E AMICIZIA?
Non vorresti fare del bene al tuo prossimo, ai tuoi amici, a chi ami forse molto,
ma che vivono lontani dalla religione o non la praticano nel modo giusto?
Sono padrone dei cuori che, rispettando la loro libertà,
porto dolcemente verso la santità e l'amore di Dio.
Ma ho bisogno di persone che preghino per loro.
Nel Vangelo ho lasciato questa promessa:
"Il Padre vostro celeste darà lo spirito santo a coloro che glielo chiedono"
Chiedimi per i tuoi familiari quel buon spirito,
che si ricordino dell'eternità che li aspetta,
di prepararsi un buon tesoro in cielo facendo in questa vita moltissime opere buone
e pregando ininterrottamente.
Lavorando per la salvezza della tua famiglia e degli altri non dimenticare mai
la stupenda promessa del profeta: "coloro che avranno indotto molti alla giustizia
risplenderanno come le stelle per sempre".

SEI FORSE TRISTE O DI MALUMORE?
Raccontami. Raccontami, anima sconsolata, le tue tristezze in ogni dettaglio.
Chi ti ha ferito? Chi ha ferito il tuo amor proprio? Chi ti ha disprezzato?
Dimmi se ti va male nel tuo lavoro e io ti dirò le cause del tuo insuccesso.
Non vorresti che mi occupassi di qualcosa per te?
Avvicinati al mio cuore che ha un balsamo efficace per tutte le ferite del tuo.
Raccontami tutto e in breve mi dirai che, come Me, tutto perdoni e tutto dimentichi,
perché "le pene di questa vita non sono comparabili
con l'immensa gioia che ci attende quale premio nell'eternità".
Senti l'indifferenza di persone
che prima ti hanno voluto bene ma che ora ti dimenticano
e si allontanano da te senza motivo?
Prega per loro.
Il mio amico Giobbe pregò per quelli che con lui sono stati ingrati,
e la bontà divina li perdonò, e li fece tornare alla sua amicizia.

VUOI RACCONTARMI QUALCHE GIOIA?
Perché non mi fai partecipe di essa, come buon amico?
Raccontami quello che da ieri o dalla tua ultima visita a Me
ha consolato e ha fatto sorridere il tuo cuore.
Forse hai avuto gradevoli sorprese.
Magari sono sparite certe angosce o paure per il futuro.
Hai superato qualche ostacolo, oppure, sei uscito da qualche difficoltà impellente?
Tutto questo è opera mia, lo ti ho procurato tutto questo.
Quanto mi rallegrano i cuori grati
che come il lebbroso guarito, tornano per ringraziare,
ma molto mi rattristano gli ingrati che, come i nove lebbrosi del Vangelo,
non tornano per ringraziare per i benefici ricevuti.
Ricorda che
"chi ringrazia per un beneficio ottiene che gli si concedano degli altri".
Dimmi sempre un "grazie" con tutto il cuore.

E POI... NON HAI QUALCHE PROMESSA DA FARMI?
Già lo sai che leggo nel fondo del tuo cuore.
Gli umani si ingannano facilmente. Dio no. Parlami allora con sincerità.
Hai il fermo proposito di non esporti più a quella occasione di peccato?
Di privarti di quel giornale, rivista, film,
programma televisivo che danneggia la tua anima?
Di non leggere quel libro che ha eccitato la tua immaginazione?
Di non trattare quella persona che ha turbato la pace della tua anima?
Di stare in silenzio quando senti che arriva la collera?
Perché
"gli imprudenti dicono quello che sentono dentro di se quando sono di malumore,
ma i prudenti rimangono sempre in silenzio quando sono di malumore,
e sanno dissimulare le offese ricevute".
Vuoi fare il buon proposito di non parlare male di nessuno,
anche quando credi che quel che dici è verità?
Di non lamentarti perché è dura la vita?
Di offrirmi le tue sofferenze in silenzio
invece di andare in giro rinnegando le tue pene?
Di lasciare ogni giorno un piccolo spazio per leggere
qualche cosa che ti sia di profitto, specialmente la Bibbia?
Così diranno anche di te: "ascolta la parola di Dio e la mette in pratica,
sarà come una casa costruita sulla roccia, non crollerà ".
Sarai ancora amabile con le persone che ti hanno trattato male?
Avrai da ora in poi un volto allegro ed un sorriso amabile?
Anche con quelli che non hanno molta simpatia per te?
Ricorda le mie parole: "Se saluti solo quelli che ti amano, che merito ne hai?
Anche i cattivi fanno così. Perdona e sarai perdonato.
Un volto amabile rallegra i cuori degli altri."

E ADESSO RITORNA ALLE TUE OCCUPAZIONI...
Ma non dimenticare questi quindici minuti di gradevole conversazione
che abbiamo avuto qui nella solitudine del santuario.
Conserva più che puoi il silenzio, la modestia e la carità con il prossimo.
Ama mia Madre, che è anche Madre tua.
Ricorda che essere buon devoto della Vergine Maria è segno di sicura salvezza.
 

Decennale dalla scomparsa di S.E Carlo Maria Martini, nostro Arcivescovo

Martini1

 

Il 31 agosto 2012 moriva il cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002. Nel decennale della sua scomparsa – a margine della Messa celebrata in Duomo il 30 agosto nella memoria del Beato cardinale Schuster e nel ricordo, oltre che dello stesso Martini, anche dei cardinali Colombo e Tettamanzi -, l’arcivescovo Mario Delpini parla in una intervista del suo predecessore sulla Cattedra di Ambrogio, sottolineandone «l’autorevolezza, la pacatezza e lo sguardo lungimirante».

 

Intervista sotto. Link in giallo

 

https://www.youtube.com/watch?v=5nmV77lPwuQ

 


Fonte: Chiesadimilano.it

Proposta pastorale dell Arcivescovo- video

clicca il link qui sotto, in giallo.

Registrazione da Villa Cagnola il mese scorso.

 

https://youtu.be/tG5SoUlYDbw

 

Pregare per vivere, nella chiesa come discepoli di Gesù

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